…direbbe banalmente Woody Allen e ripeterei io altrettanto banalmente.
Non ho visto questo film ma ho sentito dire che è un inanellarsi di luoghi comuni attorno alla nostra capitale, una specie di bella favola che neanche Audrey Hepburn e Gregory Peck.
Io a Roma ci sono stata varie volte ma solo dopo tanti anni (almeno 7) ci sono ritornata da autentica turista. In che senso autentica? Beh, da circa un lustro vivo più all’estero che in Italia. Non dico di essermi improvvisamente trasformata in una crucca con i sandali e i calzini (e questo non è un luogo comune), però devo ammettere che un po’ il buon Woody lo capisco.
Questa Roma mi è piaciuta di più.
Sono fermamente contraria al confronto tra le città e odio quando mi chiedono se è meglio Berlino o Parigi (per citare un mio professore del liceo, direi che è come chiedere la differenza tra un limone e un treno), però capitemi: i miei occhi si erano forse abituati troppo al fascino stilizzato dell’estremo nord…fatto sta che la bellezza sfacciata e opulenta di Roma mi ha come schiaffeggiato.
Dai, io un po’ li capisco questi stranieri che si credono in una sequenza de “La Dolce Vita”.
E poi io sono stata particolarmente fortunata. Ad accompagnarmi in questa due giorni romana, ho avuto delle guide d’eccezione.
E chi l’avrebbe detto che guardando da un buco della serratura in cima all’Aventino avrei scoperto un tesoro? E che, nascosto tra i tetti dei palazzi del Rione Monti, ci fosse un giardino pensile decadente? Ma soprattutto…che traffico c’è sul lungotevere di sabato sera?
Grazie a Annamaria, Alessandra e Chiara che hanno scarpinato (o mi hanno scarrozzato nel traffico) in questa Roma assolata e bollente e che hanno reso il mio soggiorno più interessante e prezioso. Adesso tocca a me.