Ieri ho utilizzato l’espressione “ignorantia legis non excusat” e quello che ne ho ricevuto in cambio è stato un silenzio imbarazzato. Ho esternato il mio stupore e sono stata definita arrogante (e sai che novità) e mi è stato fatto l’elegante augurio di venire massacrata di botte dalla persona alla quale ho osato rivolgermi in questo modo così aulico e spocchioso.
Ora, a parte il fatto che “ignorantia legis non excusat” è una frase di uso comune e non un latinismo per pochi, a parte il fatto che -se anche non si conosce il latino- la frase è praticamente traducibile a suono, e a parte il fatto che mi si accusa di ὕβρις (tracotanza) perché mi piacciono i congiuntivi e chi parla in modo corretto (e sì, anche sottolineare con soddisfazione gli errori altrui, quello mi piace tantissimo), e a parte che -purtroppo- la maggior parte della gente non capisce (eh sì: il verbo è singolare perché il soggetto è “maggior parte” e non “persone”) mai l’ironia…a parte tutto ciò, oggi vorrei fare outing.
Che brutta parola: outing.
Orrenda.
Ma non divaghiamo.
So che stavate pensando di non poter sopravvivere a tutta questa -mia- intelligenza e cultura (attenzione: in questa frase si sta facendo uso di ironia), però devo davvero deludervi: anch’io sono ignorante in alcune cose.
Non ci credete, vero? Invece è proprio così.
Avete presente il libro “La morte non sa leggere” di Ruth Rendell da cui è stato tratto anche il film di Chabrol: “Il buio nella mente”, con una eccezionale Isabelle Huppert nella parte della protagonista? (Il film è stranamente all’altezza del romanzo)
Se non sapete di cosa sto parlando, oltre a consigliarvi di rimediare perché entrambi sono molto belli, vi descrivo brevemente la trama.
In pratica c’è questa famiglia molto ricca che si prende in casa una domestica (nel film Isabelle Huppert, appunto) che all’inizio sembra perfetta poi fa cose strane. Un esempio: la padrona di casa le lascia la lista della spesa, lei va al supermercato e compra tutt’altro. Episodi di questo genere.
Insomma, alla fine si capisce che la domestica è analfabeta e si vergogna talmente tanto di questo segreto che, quando la famiglia lo scopre, lei prende un fucile da caccia e stermina tutti.
Fine del libro/film.
Tutta questa premessa per introdurre il mio scabroso segreto: ecco, diciamo che con la matematica non sono molto in gamba. Incredibile vero? Sono così brava in tutto che non ci si crede! (Allarme! Allarme! C’è dell’ironia non autorizzata)
Eppure ho questo gene familiare, questa maledizione depentoresca che rende tutti i membri della famiglia totalmente idioti di fronte a numeri e strani ragionamenti. Per ironia della sorte, invece, mia mamma era la più brava in matematica della sua classe…assieme al mio professore di matematica del liceo. Lo stesso che, dopo un’interrogazione, una volta mi ha chiesto “Senti, ma tu hai delle ambizioni?”
Conosco le tabelline, so fare le addizioni, le sottrazioni e le moltiplicazioni (anche di tante cifre eh!)…ma le divisioni niente da fare. Se poi sono a più di una cifra, vabè, mi alzo e vado via.
Sì, avevo scordato di dire che qui si parlava di matematica base, di quella delle elementari.
Il resto della matematica, quel brutto periodo in cui mi facevano studiare coseni, equazioni e cose che tendevano a più infinito…quello neanche lo considero.
Da ex studentessa di liceo classico che ha affrontato i cinque anni di matematica, CHIMICA, fisica e altre brutte materie incomprensibili con arroganza (eh sì, questa volta proprio arroganza) e menefreghismo (insomma, io ho scelto il liceo classico, perché devo studiare ‘sta roba?), direi piuttosto che vado fiera di non ricordare NULLA di teoremi, leggi e corollari (anzi per dire la verità, i corollari li associo spesso al mondo floreale).
Sì. Forse il professore aveva ragione a chiedermi se avevo delle ambizioni.
[Qui di seguito: mia mamma che se non si fosse capito è un’insegnante (e non si chiama Graziano, ma chatta con me attraverso l’account di mio papà. Mamma, perché lo fai?) cerca di spiegarmi come calcolare le percentuali e io mi dimostro svogliata, maleducata e poco desiderosa di apprendere]
Ma non divaghiamo. Torniamo al mio problema e al modo in cui lo sto nascondendo disperatamente e con poco successo.
Dove lavoro, a volte mi capita di dover fare delle fatture. Per fortuna capita poche volte.
Se le fatture sono normali, allora tutto bene (come dicevo, le addizioni le so fare).
Se invece ci sono degli sconti, delle ritenute d’acconto e quindi delle PERCENTUALI DA CALCOLARE, allora diventa un problema.
Al massimo posso arrivare al 50%, ecco, quello sì.
L’altro giorno ho riempito un foglio di calcoli e procedure per calcolare il 10% di 100. Sì, è proprio vero. Credetemi. Sono idiota.
Come mi comporto quando si abbatte su di me la sventura delle percentuali? Semplice.
Scrivo in Skype al complice del mio segreto (Alessio) e gli chiedo di calcolare la percentuale per me.
Senza nessuna vergogna.