Ed eccoci alla parte finale della mia esplorazione della Nuova Zelanda: l’isola del Sud.
La prima cosa da sapere ricordare è che, trovandoci nell’emisfero australe, il sud corrisponde al freddo: questo significa che a Queenstown c’era la neve e che a Milford Sound ho visto le foche.
La seconda cosa da sottolineare è che, a Sud, ho ritrovato i paesaggi che facevano parte dell’immagine che mi ero fatta della Nuova Zelanda prima di partire: montagne, cascate, laghi, fiordi. Quelle cose lì.
Mi credete se vi dico che ormai non riesco più a trovare le parole per descrivere questa natura?
Incontaminata, saggia, misteriosa, violenta. Non so che altro dire.
(per chi vuole leggere gli altri resoconti, andate qui e qui)
Ma andiamo con ordine.
La scorsa settimana, io e il paziente Alessio abbiamo preso un aereo che ci ha portato a Christchurch.
Sì, proprio la città che nel 2011 è stata colpita da un terribile terremoto che ne ha più o meno spazzato via tutto il centro.
Alcune strade sono chiuse, molti palazzi sono deserti, altri sono abbandonati in tutta fretta e lasciano intravedere scene di vite interrotte.
Spettrale. Ma anche commovente. Tutto è in ricostruzione e si respira fiducia e voglia di abbracciarsi e mettersi a fare qualcosa assieme.
L’ho detto e lo ripeto: tra una settimana lascio questo paese meraviglioso e spero di portare con me un po’ di questo buonumore. I kiwi sono felici e gentili, a volte un po’ ingenui, forse. Ma ti sorridono e salutano per strada e non si dimenticano mai di chiederti come stai.
Se ho imparato anch’io questa attitudine? Non lo so, me lo direte voi.
Il nostro viaggio è continuato in autobus verso Queenstown, con qualche tappa intermedia.
Spostarsi in autobus può essere tremendamente noioso se l’autista è logorroico e ti indica cose inutili (“E quel McDonalds è il più grande della città”) e se tu non puoi leggere perché ti viene da vomitare a ogni curva. Malgrado ciò, lo ritengo il mezzo di trasporto più comodo se si ha un po’ di fretta.
Per evitare il mio dramma personale e sibilare “Stai zitto, ti prego, basta, guida, ti odio” di continuo, vi consiglio i tappi per le orecchie.
Queenstown.
No, non ho fatto il bungee jumping.
Costava troppo. Non avevo tempo. Dura pochissimo. Ho una paura tremenda.
Ho girato in lungo e in largo la cittadina e ho fatto una gita di un giorno a Milford Sound (un fiordo che Rudyard Kipling ha definito “l’ottava meraviglia del mondo nonché il luogo più piovoso della Nuova Zelanda). Lì, ho capito che cosa provano i lupi di mare quando vengono colti al largo dalle tempeste: il nostro battello saltellava su e giù, la pioggia e la neve cadevano a secchiate orizzontali e il vento quasi ci impediva di camminare sul ponte.
Dopo aver urlato qualche ordine a caso (“Scocca la randa!” “Ammaina le vele!” “Iceberg a dritta”), io e Alessio ci siamo intrufolati nella parte riservata ai giapponesi (sì, ecco, anche questo meriterebbe un discorso a parte) per avere una visuale migliore e siamo stati pubblicamente rimproverati e cacciati via.
Il tutto, tra insulti e minacce in italiano.
Avete presente quando siete all’estero e guardate con sufficienza i vostri connazionali maleducati? Ecco. Noi però ci siamo divertiti un sacco.
PS: sì, queste qui sotto sono proprio foche!