La lettera di Fiona Apple

Questa lettera è stata pubblicata ovunque, in inglese e in italiano.
Io l’ho letta ieri in tram e sì, lo so che dico sempre che mi commuovo in tram, però è la verità: ieri mi sono commossa in tram e in modo davvero imbarazzante.

La pubblico anch’io perché capisco.

Gaia e il suo sguardo di riprovazione: dove sei stata?

Ho un cane giallo –Gaia– che mi aspetta a casa e ogni volta che torno, anche se sono passati sei mesi, mi saluta come se niente fosse successo. E a me si spezza il cuore ogni volta che riparto, perché mi sembra di raccontarle una bugia.
Lei mica sa per quanto tempo non mi rivedrà.
Gaia è la mia amica più sincera -come dice Fiona- ed è stata sempre con me. Io invece sono andata via. (ma tra un mesetto ci vediamo sai?)

Pallino & Cleo

Avevo un cane prima di Gaia. Si chiamava Pallino.
Pallino è cresciuto assieme a me, perché nei primi ricordi della mia vita c’è già, ci siamo io e lui e qualcosa di meno importante sullo sfondo.
Prima di conoscere Pallino, ero molto molto timida (forse qualcuno dirà che era meglio così, ma secondo me no) e lui mi ha aiutato ad essere più naturale e a non avere paura di tutto.
Grazie a Pallino, ho iniziato a comportarmi come un cane e a fidarmi delle mie prime impressioni e del mio istinto. Che hanno sempre ragione.
Pallino è morto in silenzio, ha trascorso i suoi ultimi giorni nascosto dietro a una pianta della terrazza e la sua ultima notte -purtroppo- in una clinica per animali ammalati. Da solo.
Non perdonerò mai questa scelta a chi l’ha fatta, anche se pensava di agire per il meglio.

Il giorno della morte di Pallino io sono tornata da scuola (ero all’ultimo anno di liceo) in bicicletta senza sapere ancora nulla, ed ho capito tutto quando ho visto mia sorella Martina che guardava dalla finestra aspettando che arrivassi.
Sono salita a casa, ho chiesto “Allora come sta?”. E nessuno ha risposto.

E poi c’era Cleo, la gatta colorata che dopo la morte di Pallino ha consolato tutti.
E dopo meno di un anno, anche lei ci ha lasciato, in silenzio, nascosta sotto un letto.
Io ero già all’università e anche in quell’occasione ero assente.

E per un po’ siamo rimasti da soli.

Fiona Apple ha un cane ammalato, Janet, e ha deciso di interrompere il suo tour per stare accanto a lei.
Non ascoltavo la sua musica ma inizierò presto, perché sono sicura che mi colpirà così come hanno fatto le sue bellissime parole.

Del resto, quando un essere umano arriva a capire che gli animali sono migliori degli uomini sotto tutti i punti di vista, diventa come me e non può che piacermi tantissimo.

Brava Fiona, sei una persona che vorrei incrociare sulla mia strada.
Buona lettura.

Sono le sei del pomeriggio e sto scrivendo a poche migliaia di amici che non ho ancora incontrato.
Sto scrivendo per chiedere loro di cambiare i nostri piani e incontrarci un po’ più tardi.
Il motivo è questo.
Ho un cane, Janet, è malata da quasi due anni a causa di un tumore latente nel suo petto, che è cresciuto lentamente. Ha quasi 14 anni. Ce l’ho da quando aveva quattro mesi. All’epoca avevo 21 anni, ero ufficialmente adulta, e lei era la mia bambina.
È un pitbull, è stata trovata a Echo Park con una corda al collo e morsi sulle orecchie e la faccia.
Era usata nei combattimenti tra cani per dare fiducia agli avversari. Ha quasi 14 anni e non l’ho mai vista iniziare una lotta, mordere qualcuno o persino ringhiare, e posso capire perché è stata scelta per quel ruolo. È una pacifista.
Janet è stato il legame più duraturo della mia vita adulta, è un dato di fatto.
Abbiamo vissuto in molte case e siamo entrate a far parte di alcune famiglie, ma in realtà siamo sempre state io e lei.
Lei ha dormito nel mio letto, la sua testa sul mio cuscino, e ha accolto la mia faccia in lacrime isteriche sul suo petto, circondandomi con le zampe, ogni volta che il mio cuore si è spezzato, il mio spirito fiaccato o soltanto perso, e col passare del tempo sono diventata io la figlia, mentre mi addormentavo con il suo mento appoggiato sulla mia testa.
Stava sotto il pianoforte mentre scrivevo canzoni, abbaiava ogni volta che cercavo di registrare qualcosa ed è stata in studio con me tutto il tempo mentre registravamo l’ultimo disco.
L’ultima volta che sono tornata alla fine di un tour era vivace come sempre, è abituata a me che me ne vado per poche settimane ogni sei o sette anni.
Ha il morbo di Addison: per lei viaggiare è pericoloso perché ha bisogno di iniezioni regolari di cortisolo, perché reagisce allo stress e all’eccitazione senza gli strumenti psicologici che trattengono molti di noi dall’andare letteralmente nel panico.
Nonostante tutto questo, è spontaneamente gioiosa e giocherellona e ha smesso di comportarsi come un cucciolo soltanto tre anni fa.
È la mia migliore amica, mia madre, mia figlia, la mia benefattrice ed è lei che mi ha insegnato cos’è l’amore.
Non posso venire in Sudamerica. Non adesso.
Quando sono tornata dopo l’ultima parte del tour americano, è stato molto molto diverso.
Non aveva neanche più voglia di camminare.
Lo so che non è triste per la vecchiaia o la morte. Gli animali hanno l’istinto di sopravvivenza, ma non hanno il senso della mortalità e della vanità delle cose. Per questo sono molto più presenti delle persone.
Ma so che si sta avvicinando al punto in cui smetterà di essere un cane e diventerà, invece, parte del tutto. Sarà nel vento, nella terra, nella neve e dentro di me, in qualunque posto vada.
Non posso lasciarla proprio adesso, cercate di capire.
Se me ne vado di nuovo, ho paura che morirà e non avrò l’onore di cantare fino a farla addormentare, di accompagnarla mentre se ne va.
Qualche volta impiego venti minuti per scegliere quali calzini indossare a letto.
Ma questa decisione è stata istantanea.
Ci sono scelte che facciamo, che ci definiscono.
Non sarò la donna che mette la sua carriera davanti all’amore e all’amicizia.
Sono la donna che sta a casa e cucina per la sua amica più vecchia e cara.
E la aiuta a stare bene, la conforta, la fa sentire al sicuro e importante.
Molti di noi temono la morte di una persona cara. È la triste verità della vita, che ci fa sentire impauriti e soli.
Vorrei che potessimo anche apprezzare il tempo che c’è prima della fine del tempo.
So che sentirò la più travolgente conoscenza di lei e della sua vita e del mio amore per lei, negli ultimi momenti.
Ho bisogno di fare l’impossibile per trovarmi lì per questo.
Perché sarà l’esperienza di vita più bella, intensa, arricchente che ho vissuto finora.
Quando morirà.
Così resterò a casa e la ascolterò russare e respirare pesantemente, a godermi il respiro più puzzolente e più brutto che sia mai provenuto da un angelo.
Vi chiedo la vostra benedizione.
Ci vediamo,
Con affetto,
Fiona