Avete presente la famosissima scena in cui Fantozzi si sveglia, si veste e si lava con i tempi calcolati al millesimo, e alla fine prende l’autobus al volo perché gli si rompe un laccio della scarpa e perde un paio di preziosissimi secondi (il tragico imprevisto)? Se non ce l’avete presente, riguardatela.
Ecco. Stamattina io mi sono sentita il Ragioner Ugo.
Ecco cosa mi è successo:
Sono uscita di casa alle 9.15, come ogni giorno, per recarmi in ufficio. Io non ho i tempi calcolati al secondo, e i miei orari mi permettono comode soste per guardare le vetrine e sorseggiare il mio cappuccino (con latte di soya) da asporto. Di solito, poi, salgo sul tram, per 20 minuti leggo un libro al caldo, sorridendo agli altri (no, la parte in cui sorrido non è vera). Poi arrivo nei pressi dell’ufficio, cammino per 5 minuti ascoltando musica e, dopo un altro caffè, inizio il lavoro, in orario. Insomma, un perfetto inizio di giornata.
Ma a Berlino nevica da un paio di giorni. E a Berlino, si sa, se nevica tutti vanno nel pallone.
Infatti arrivo alla fermata e il mio tram ha un tempo di attesa di 25 minuti. VENTICINQUE.
Con meno sette gradi centigradi. MENO SETTE GRADI. CENTIGRADI.
Quando finalmente il tram arriva, è talmente pieno di gente, che da fuori non si riesce a distinguere l’interno. Per un attimo penso che ci siano i vetri oscurati. E invece no.
Quando salgo sul tram, sono le 9.45: so che arriverò con una decina di minuti di ritardo, quindi informo il mio capo sul tragico imprevisto.
Schiacciata tra un fiato agliato (di prima mattina) e una scolaresca prepuberale sudata e con quell’odore tipico e poco piacevole dei preadolescenti, percorro circa 200 metri -l’equivalente di un paio di fermate. I finestrini trasudano rabbia e condensa e io pronuncio maledizioni pericolose e potentissime a mezza voce.
Non è per niente piacevole. Ho paura di prendermi il raffreddore di quello o la tosse di quell’altro, quindi mi tiro su la sciarpa quasi fino agli occhi. Sudo copiosamente e iniziano a manifestarsi i primi segnali dell’attacco di panico.
Improvvisamente, quando mi sono rassegnata a un quarto d’ora nel tremendo girone dei pendolari, parte IL messaggio registrato della BVG (l’azienda di trasporti di Berlino): “blablabalaa meine damen blablabla zehn herren blabla parole a caso che non capisco….DEFEKT“.
DEFEKT.
Accompagnato da un “AHHHH JAWOHL!!!” dei passeggeri.
Il tram si ferma e tutti scendono, Tutti tranne la sottoscritta che viene richiamata dal conducente -sempre al microfono- e spinta ad uscire da quel tram DIFEKTOSO.
Prima che possa chiedere spiegazioni a qualcuno dei miei compagni di sventura, vedo arrivare un camioncino giallo dal quale scendono tre omini in tuta fosforecente che iniziano a SPALARE sui binari.
A SPALARE.
Un martedì mattina.
All’ora di punta.
Nel 2013.
DEFEKT.
Mentre questi SPALANO, otto tram si accumulano in fila sui binari e tutto si ferma.
Un lungo biscione giallo immobile.
Capisco che non c’è modo di muoversi e che devo necessariamente prendere un taxi per arrivare al lavoro con un ritardo non troppo mostruoso.
Naturalmente, non ho contanti.
Vabè, mi dico, tanto qui di prendere il tram non c’è alcuna possibilità quindi è inutile aspettare.
Decido di andare a prelevare nella banca di fronte.
Mentre prelevo, vedo attraverso la vetrina TUTTI E OTTO i tram che ripartono con regolarità e con un normale carico di passeggeri.
Corro alla fermata, felice di non dover spendere per il taxi, guardo il tabellone: il tram successivo è previsto dopo 29 minuti. Ventinove. VENTINOVE.
DEFEKT.
Ok, basta. Mando un altro messaggio al mio capo che mi risponde con un “You’re the TRAMA queen” e decido senza ripensamenti di prendere un taxi. Ce ne sono sempre tanti e sono su una strada principale.
Sì.
I 45 taxi che mi passano di fronte sono pieni. I restanti NON si fermano.
Improvvisamente mi viene un’idea geniale: perché non continuare a camminare verso la direzione giusta, cioè verso un generico SUD-EST?
Prima o poi un taxi passerà, e mal che vada incrocerò di nuovo il tram o riuscirò a prendere una metropolitana.
300 (TRECENTO) metri a piedi nella neve alta dopo, non sento più le estremità. Il touchscreen del telefono non riconosce le mie dita, inizio ad avere visioni mistiche e mi viene un po’ da piangere.
Di taxi disponibili neanche l’ombra.
Sconsolata e squassata dal freddo, decido di scendere un attimo nel tunnel della metro come una senzatetto in cerca di tepore, e da lì provo ad usare l’applicazione per chiamare i Taxi (My Taxi).
Che oggi, naturalmente, non funziona. Non mi trova. Mi dice che sono nel posto sbagliato. Non sollevo obiezioni.
Esco di nuovo, continuo a camminare nella neve alta, uno in bicicletta a tutta velocità mi urta e mi dice “sciurigumm”. Io gli rispondo “VAFFANCULO”. In Italiano. Senza rabbia, come una costatazione sullo stato delle cose.
I taxi continuano a sfrecciarmi accanto con quella loro maledetta luce spenta (=occupati), finché -strizzando gli occhi nel vento e nella neve che continua a cadere- ne vedo uno con la luce spenta, ma VUOTO.
Riesco a fermarlo all’ultimo secondo, felice che quel guasto (DEFEKT) abbia fatto sì che nessuno si sia sforzato di guardare oltre l’apparenza (la filosofia, nonostante tutto), entro e vorrei abbracciare l’autista.
Mi trattengo e faccio solo finta di capire quello che mi dice in tedesco.
Ha voglia di chiacchierare e io provo sincero affetto verso di lui.
I piedi iniziano a scongelarsi, mi fanno male, e il mignolino non dà comunque segni di vita. Ma l’aria calda e il sollievo di aver messo fine a quell’orrenda situazione, mi fanno quasi assopire.
Arrivo in ufficio alle 10.47 (con quasi 50 minuti di ritardo. CINQUANTA.), con 12€ in meno (sommati al biglietto mensile per i mezzi che ne costa quasi 80), e un probabile principio di polmonite. Le dita dei piedi sono quasi sicuramente da amputare.
Vado in cucina a prepararmi qualcosa di caldo, scivolo e rovescio mezzo latte -di soya- BOLLENTE sul pavimento e sulla mia mano. Impreco a voce alta in diverse lingue, me la prendo con tutti gli stati, i politici e i leader -presenti e passati- del mondo.
Dodici persone, riunite per un team meeting proprio in cucina, assistono allo spettacolo e mi guardano con disappunto.
DEFEKT.