Friday I’m in love #13

Friday I’m in love #13

Mi sono stufata di chiamarla “lista del venerdì”.
Forse mi sono stufata anche della lista del venerdì.
Sono volubile come il sacchetto di plastica che svolazzava nel vento in “American Beauty”.

Se “lista del venerdì” come nome era piuttosto banale, ho deciso di sceglierne uno ancora più prevedibile: questa canzone, però, mi piace tanto, soprattutto quando parla male del lunedì. E poi vorrei avere i capelli come Robert Smith, quindi direi che siamo proprio allineati al 100%.

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Oh ma che bella camicia indossa, tra l’altro?

E a proposito di camicie e quindi di vestiti.
Nel corso di questa settimana, ho deciso due cose (e sono le due cose che creano la mia lista della settimana):

1) Pochi ma buoni: basta vestitacci di cotone scadente di H&M. Li lavi due volte e si rovinano;
2) Riciclare: un vestito non mi piace più? Posso regalarlo a qualcuno oppure, ancora più divertente, reinventarlo?

La prima idea mi è venuta quando ho fatto il cambio degli armadi e sono rimasta sommersa di magliette che avevo scordato di avere, quasi tutte sformate o rimpicciolite.
Tranne due: una Lacoste che mio papà mi aveva portato da Parigi quando avevo dieci anni e una t-shirt nera Petit Bateau che è rimasta perfetta anche nel colore: nera nera come se l’avessi comprata ieri.

Ho quindi deciso di selezionare: comprerò meno e investirò un po’ di più per cose di valore. Dovendo spendere di più, tra l’altro, ci penserò molto meglio prima di acquistare d’impulso.
Siamo arrivati proprio dove volevo arrivare.

Ho saccheggiato mari e monti alla ricerca di un vestito con i fenicotteri che fosse degno del suo nome. Su un sito (Etsy!) che vende abbigliamento (e accessori, oggettistica, scarpe, di tutto) rigorosamente fatto a mano o vintage, ho comprato anche un regalo a Alessio.
Eccoli lì, i nostri acquisti, belli fiammanti.
Il mio vestito è nuovo e fatto a mano da una ragazza che l’ha cucito apposta per me. Quasi un pezzo unico.
La giacca di Alessio, invece, è vintage originale degli anni ’70.

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Ma andiamo avanti e passiamo al secondo punto della lista: riciclare.

Perché buttare via un vestito se può diventare qualcos’altro? No, non sto parlando di orribili pantaloni trasformati in minigonne.
Ho questo giubbino di jeans che ha fatto la storia. L’ho comprato a diecimila lire (eh sì, è già vintage anche lui!) in un grande magazzino della mia città ed è stato uno dei migliori acquisti della vita.
Malgrado il prezzo (in realtà era in super super saldo perché era l’ultimo), la qualità è ottima e il mio giubbino mi ha accompagnato per tutti questi anni in giro per il mondo.

Oggi mi piace un po’ meno: anche lui ha fatto il suo tempo.
Ecco perché ho deciso che deve diventare ALTRO: taglierò le maniche in modo da farlo diventare un gilet e lo riempirò di toppe (avete capito quali vero?).
Solo che, siccome non mi accontento di quello che trovo nelle mercerie, ho saccheggiato un altro sito e mi sono comprata un sacco di toppe originali degli anni ’60.
Eccone una. Sono già folle d’amore per il mio gilet che ancora non esiste.

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“Mi chiedo quando ti mancherò” (Amanda Davis)

“Mi chiedo quando ti mancherò” (Amanda Davis)

Di corsa, di corsa, senza perdere tempo!

In questi mesi ho letto tanti libi meravigliosi e, per l’ansia di leggerne tanti altri, ho perso lo slancio e non ho scritto nulla. Non che il mondo sia in attesa delle mie opinioni (Come? Davvero non siete lì che aspettate me? Beh, dovreste), ma recensire un libro per me equivale ad archiviarlo e anche, perché no, a ringraziarlo per avermi tenuto compagnia.

Il fatto è che mi trovo in uno strano impasse: da un lato, ho bisogno di conservare le emozioni che i libri mi regalano per poterne parlare, dall’altro -come nel caso del libro appena letto- queste emozioni sono così straripanti che non riesco a metterle nero su bianco.

Quindi? Che faccio?
In fin dei conti chi sono io (oltre che un’esimia luminare) per dirvi che un libro è bello o brutto?
E soprattutto, che cosa posso dirvi di un libro bellissimo se non di leggerlo immediatamente?
Sembra tutto così superfluo, ultimamente.

Ho deciso così: invece di parlare del libro in sé, io vi dico che cosa mi è successo quando l’ho finito. E poi decidete voi se vi va di leggerlo o no.

Ho sfogliato l’ultima pagina di “Mi chiedo quando ti mancherò” (che mi ha regalato Alessandra) in pausa pranzo. Dietro al mio ufficio c’è un bel pontile che si sporge sul fiume e di solito, se c’è posto, mi siedo sempre lì.
Oggi, vista la giornata soleggiata e caldissima, erano tutti lì assiepati uno sopra l’altro (pampe, come si suol dire).
Io però sono uscita prima degli altri e mi sono seduta quando il pontile era ancora vuoto.

Quando ho finito il libro, in lacrime e singhiozzi piuttosto imbarazzanti, ho alzato lo sguardo, mi sono accorta che ero circondata da decine di persone. Per un attimo mi sono chiesta da dove cavolo erano usciti.
Poi li ho guardati bene e mi sono stupita perché non erano emozionati come me.

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Lo scaffale d’oro di Cinzia

Lo scaffale d’oro di Cinzia

E questa settimana tocca a Cinzia. Cominciamo subito a dire che, come me, ama Scerbanenco! 10 punti!
Ma lasciamo che si racconti e gustiamoci il suo succulento scaffale!

Sono una lettrice compulsiva e vivo nell’ansia di non riuscire a leggere tutti i libri che vorrei (ancora non riesco a darmi pace del fatto che una vita intera non mi basterà). Quando ho letto il tuo post, mi sono subito messa a pensare a quali fossero i miei libri da mettere sullo scaffale d’oro (mi sono divertita un bel po’ nel farlo) ed eccoli qui, in rigoroso ordine cronologico (ossia prima quelli che mi accompagnano da più tempo).

Memorie di una ragazza perbene – Simone de Beauvoir

Fiesta – Ernest Hemingway

Tenera è la notte – Francis Scott Fitzgerald

Orgoglio e pregiudizio – Jane Austen

Il paradiso degli orchi – Daniel Pennac

L’amante – Abraham Yehoshua

Norwegian Wood – Murakami Haruki

La malora – Beppe Fenoglio

Milano Calibro 9 – Giorgio Scerbanenco

Trilogia di Marsiglia – Jean-Claude Izzo

Furore – John Steinbeck

reading is cool

La lista del venerdì #12

La lista del venerdì #12

La scorsa settimana vi ho proposto una lista del venerdì tarocca perché c’era il sole, c’erano i gelati al limone, c’era l’Alessandra in visita a Berlino e mi sono chiesta perché mai cercare le cose belle nell’internet quando erano là fuori dalla finestra e bastava chiudere il computer e andarle a prendere.

La verità è che ho adottato questo atteggiamento per tutta la settimana quindi sono impreparata anche questa volta.
Tra l’altro, anche in ufficio il clima è stato rilassato, divertente e creativo.
È stato meraviglioso e anche questa volta, maestra, non ho fatto i compiti.

Che fare?
Vi va se vi racconto cos’ho fatto e cos’ho scoperto “offline”?

Bene (presumo che abbiate risposto di sì), iniziamo:

Venerdì, invece di mangiare davanti al computer, sono uscita e ho visto uno scoiattolo. Il primo scoiattolo di Berlino.
Sempre venerdì, a fine giornata, sono andata in riva al canale vicino all’Admiralbrücke e sono rimasta lì con Alessio e i miei amici finché è sceso il buio. Poi, camminando a caso per Kreuzberg, abbiamo scoperto una pizzeria buona (senza Foursquare, signore e signori, semplicemente camminando) e ci siamo fermati lì.
Il giorno dopo, siamo finalmente andati nel famoso labirinto del “Zur Wilden Renate”: un’esperienza ai limiti per una claustrofobica e paurosa del buio come me (ti fanno entrare da solo). Ne sono uscita con una sbucciatura al gomito e un bernoccolo ma fiera di aver trovato la strada giusta e di non essere sclerata prima di vedere la luce. Posso dire che mi sento temprata da questo viaggio? Pensate che stia esagerando? Andateci e poi fatemi sapere!
Alla fine del labirinto, per scaricare l’adrenalina, siamo andati a rilassarci in un posto nascosto della città: la piccola penisola di Stralau che ospita, oltre a qualche casa, anche un cimitero davvero suggestivo.
Seduti sulla riva del fiume, abbiamo ammirato il tramonto più lungo ed esplosivo della storia.

Poi è arrivata la domenica e l’Alessandra è partita, non prima di avermi fatto tornare in mente -come una sorprendente madeleine– la storia della mia casetta volata via col vento. Per chiamarle un taxi, abbiamo cercato -inutilmente- di far funzionare l’applicazione del telefono. Niente da fare. Ti pareva. Abbiamo camminato per mezz’ora (ovviamente di taxi di passaggio neanche l’ombra) e poi finalmente ne abbiamo placcato uno.
Al ritorno, io e Alessio abbiamo attraversato un cimitero a piedi. Silenzio e giochi di di luce tra gli alberi. Stupendo.
La sera, al concerto dei Depeche Mode, ci siamo scatenati malgrado il pessimo pubblico tedesco che, ancora una volta, si rivela incapace di togliersi quel palo dal c*** e di divertirsi e preferisce intontirsi davanti al telefono piuttosto che guardare lo spettacolo. Eravamo gli unici in piedi del nostro blocco e sicuramente abbiamo dato fastidio a quelli seduti dietro di noi. Ma davvero, in tutta onestà, non ce ne poteva fregare di meno.
La settimana lavorativa è stata bellissima. La macchina del caffè era rotta, quindi anziché rimanere separate (sì, siamo tutte donne) ognuna di fronte al suo schermo con la sua tazza, siamo uscite. Siamo andate a bere il caffè al bar, cosa che non facevo da tanto tempo. Sembra stupido ma è davvero così.
Ogni mattina, verso le 11, abbiamo mollato tutto.
Grazie a queste piacevoli pause, ho scoperto che il bar italiano davanti all’ufficio alza i prezzi per il cappuccino con il latte di soja perché “è un servizio in più”. Buono a sapersi perché è un bar in cui non metterò più piede.

E questo è quanto. Questa settimana ho semplicemente deciso di “staccarmi” e ho scoperto tante cose, magari stupide, ma in qualche modo, più semplici e reali. Ho avuto la conferma che provare -tante volte!- prima di gettare la spugna è la cosa migliore da fare. Tanto che sto pensando di completare il “try” che ho sul polso sinistro con un “harder” su quello destro.

In questo periodo va così, cari miei.
Ho la nausea della virtualità e sono “distratta dalla vita” come dicono i miei amici Elena e Francesco.

Foto! Mie, questa volta.
E se state obiettando che sono foto di Instagram, fatelo pure. Tanto ormai dovreste sapere bene che notoriamente I DON’T GIVE A SHIT.

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questo qui sopra è un bellissimo scatto di Alessandra

 

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questo invece di Alessio

 

La mia casetta

La mia casetta

Quando ero piccola, ve l’ho già raccontato, ero molto molto timida.
Poi è arrivato Pallino (il mio cagnolino bianco che mi ha insegnato a comportarmi come un cane) e mi ha cambiata, naturalmente in meglio.

Se ripenso adesso a quel periodo, credo in realtà che tutti abbiano male interpretato quella timidezza. Se mi nascondevo quando arrivavano ospiti, era semplicemente perché non avevo voglia di parlare con loro, di farmi stritolare e di rispondere alle solite domande stupide che si fanno ai bambini.

“Vuoi più bene alla mamma o al papà?”
“Uguale. A tutti e due voglio bene nello stesso identico modo”
“Non è possibile, a chi dei due vuoi più bene?”
“Ti ho detto che voglio bene UGUALE a entrambi, maledizione”

“Ci credi a Babbo Natale?”
“Guarda, ci avevo sempre creduto fino a questo momento. Se me lo chiedi, vuol dire che forse non esiste? Grazie eh.”

“Giulia, ma perché tieni sempre la testa bassa? Giuliaaaa?? GIULIAAA! Guardate TUTTI la Giulia che è timida”

“Come va all’asilo, Giulia?”
“Odio andare all’asilo. Un trauma ogni giorno. Ho paura che non vengano mai più a riprendermi da quando mia mamma è arrivata in ritardo alla fermata del pulmino ed io mi sono detta che mi sarebbe successa la stessa cosa che era successa a Giovanni M.* che avevano riportato all’asilo finché sua mamma non si era ricordata di lui”
(*Giovanni diceva che ero la più bella dell’asilo perché avevo i codini)

E via dicendo.
Insomma, quando c’era gente a casa mia, mi giravano le balle non poco.
Ecco perché mi nascondevo, cercavo di sparire e continuavo a farmi gli affari miei.
Che tenera, già allora odiavo la gente.

A un certo punto, probabilmente per assecondare quella tendenza, mio papà (che all’epoca lavorava per una compagnia che aveva a che fare con i GIOCATTOLI…e io non mi ricordo niente, maledizione!) decise di portarmi a casa il regalo della vita.
L’evoluzione delle capanne di lenzuola, dei fortini fatti con i cuscini del divano: una casetta di tessuto!
Una specie di struttura di ferro (come quella delle tende da campeggio) ricoperta da un telo con disegnate finestre, piante d’appartamento e gatti bianchi addormentati.

Come tutti, non ricordo molto bene la mia vita da “quattrenne” (si dice?) a parte qualche tremendo e traumatico episodio legato all’asilo. Però quella casetta…oh, quella casetta eccome se me la ricordo!
Era disordinata e piena di tesori e profumava di scoperte e giochi meravigliosi.
Potevo stare dentro lì a pensare, a guardare libri illustrati o disegnare distesa sui cuscini oppure potevo invitare la Martina (mia sorella) e Michele (mio cugino) a giocare con me, anche se quello era il MIO regno che, volendo, potevo chiudere con una porticina -sempre di stoffa- che si allacciava con un nastrino rosso. Sul retro della mia casina, poi, c’era disegnata una finestra che lasciava intravedere l’interno di un salotto. Ricordo perfettamente che trovavo quel disegno un po’ stupido: “Se entri, si vede che non è vero!”
Anzi: “Se entii, si vede che non è ve’ooo” (potrei dire che da piccola avevo la “r” moscia, la verità è che non ce l’avevo proprio).
Ma mi piaceva lo stesso. Era il mio salotto finto.

Poi un giorno mi hanno detto che, durante un temporale, il vento si era portato via la mia casetta. E naturalmente ci ho creduto.
Ricordo esattamente quel momento: probabilmente i miei genitori si aspettavano che piantassi un casino di lacrime e urla. E invece no: mi sono immaginata la mia casetta tutta sbilenca che volava tra i fulmini e le nuvole scure. Penso di essere stata anche un po’ affascinata da quell’immagine.


Non ho pianto. Ma non ho dimenticato quel bruttissimo scherzo del vento.
E ancora oggi, quando soffia forte, sono nervosa come un cane prima di un terremoto.

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Lo scaffale d’oro di Valentina

Lo scaffale d’oro di Valentina

Scaffali d’oro!
Cascasse il mondo, ogni martedì ve ne propongo uno. E oggi tocca a Valentina, alias @rosescherubim
Io esco a bere il caffè al sole, voi leggetevi le sue parole e la sua lista! Ciaoo!

Sono romanzi che ho letto e riletto, io che in media non rileggo mai perché mi sembra fare un torto a tutti i libri che ancora non conosco e che non vedo l’ora di scoprire. questi dieci mi hanno fatto commuovere, emozionare, ridere e sospirare. Un po’ hanno cambiato la mia vita: Virginia Woolf ad esempio è la scrittrice a cui devo più in assoluto. Alcuni libri come “Orgoglio e pregiudizio”, li ho letti la prima volta da ragazzina e me ne sono innamorata. in modo diverso, sono entrati tutti sottopelle in quel modo magico che hanno certi libri e certi personaggi di diventare parte della tua vita.  
E se è vero, come credo sia, che le librerie dicono molto dei proprietari, questi libri dicono parecchio della persona che sono. Mi definirei semplicemente una lettrice appassionata che crede fortemente nel passo di un libro probabilmente troppo abusato ma che a me fa sempre emozionare: “We don’t read and write poetry because it’s cute. We read and write poetry because we are members of the human race and the human race is filled with passion. medicine, law, business, engineering… these are noble pursuits and necessary to sustain life. But poetry, beauty, romance, love: these are what we stay alive for”. Credo davvero che la passione faccia la differenza nelle persone, e spero che chiunque legga i libri elencati possa ritrovare nelle pagine la stessa sensazione di meraviglia e bellezza che ho percepito io.1) “Cani selvaggi” Helen Humphreys

2) “La versione di Barney” Mordecai Richler
3) “Orgoglio e pregiudizio” Jane Austen
4) “In fuga” Alice Munro
5) “Sostiene Pereira” Antonio Tabucchi
6) “Il principio dell’amore” Maeve Brennan
7) “L’insostenibile leggerezza dell’essere” Milan Kundera
8) “L’antologia di Spoon River” Edgar Lee Masters
9) “Mrs Dalloway” Virginia Woolf
10) “Le correzioni” Jonathan Franzen

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Spesso dubito

Spesso dubito

Generalmente, lo avete capito perché non faccio che ammorbarvi con questa storia, sono molto fiera del mio eloquio. Mi piace la grammatica e quando vedo degli errori di ortografia, non riesco a resistere e li faccio notare. Se risulto antipatica, tanto meglio.
Il trauma vi servirà per non sbagliare in futuro.
Tanta ignoranza in matematica, quindi, viene compensata da saccente onniscenza ortografica e lessicale. Tanto per farvi un esempio, io ero quella insopportabile che in classe era contenta quando la maestra faceva le verifiche a sorpresa sui verbi.

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Oggi, tuttavia, è giornata di confessioni: spesso dubito.
Ci credereste? Figuratevi che non ci credo neanch’io! Eppure, talvolta, mi capita di dover controllare sul dizionario come si scrive correttamente questa o quella parola. Non voglio fare errori perché poi mi vergogno se me li fanno notare, quindi controllo. E lo consiglierei, in generale, come metodo per evitare brutte figure.

Eppure, lo ammetto, ci sono delle cose che proprio non riesco a capire e imparare.
Ecco qualche esempio:

Se prometto poi mantengo
Non sono più una fan di Ambra Angiolini tuttavia continuo a invidiarle l’uso disinvolto dei verbi giurare/promettere.
Per me non c’è alcuna differenza, sono sinonimi: ma non è così! Altrimenti perché la canzone, dopo una sfilza di “prometto, prometto”, finisce con un imprevedibile “giuro”?
Perché si dice “È la verità. Te lo giuro/prometto” però non si dice “Ti prometto che è la verità” (mentre va bene “Ti giuro…?).
Volete farmi impazzire?

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Frutti di bosco
So che sono rossi e viola e sono piccini, so che si chiamano lamponi, ribes, mirtilli e more ma non sono assolutamente in grado di distinguerli. Niente da fare. Quando mi hanno consigliato di bere succo di mirtillo, ho cercato l’immagine, me la sono stampata e sono andata al supermercato a confrontare i disegni sulle confezioni.
E poi: il nome “frutti di bosco” indica l’insieme di ribes e lamponi…o si tratta di altri ancora?

La gelosia, più la scacci e più l’avrai
Certo. A sapere bene come usare il verbo.
“Sono gelosa” mi va bene.
Ma sono gelosa di te oppure della persona che costituisce il problema della mia gelosia?
Sono gelosa di te in quanto cosa di mia proprietà, o sono gelosa di quella persona perché sta con te e io non voglio che lo faccia?
Insomma…chi è che devo prendere a schiaffoni?

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Lo scaffale d’oro di Stella

Lo scaffale d’oro di Stella

Oggi è il turno di Stella!

È nata 28 anni fa in una mattina con sole pallido e una pioggerellina sottile sottile. Quando era piccola si arrabbiava con la bibliotecaria che le lasciava portare a casa solo due libri.
Nella borsa porta sempre un kit di sopravvivenza: matite colorate, fogli e due o tre libri, la moleskine e anche un po’ di cioccolata.
Sognava tanti mestieri (la maestra, l’archeologa, la pittrice, la bibliotecaria, la pasticcera, la giornalista, la fotografa in giro per il mondo), poi ha iniziato a fare la grafica pubblicitaria.
Adora i libri illustrati e le librerie per bambini: vive a Padova ma sogna Parigi.

Ecco il suo scaffale d’oro!

1) “Il piccolo principe” Antoine de Saint-Exupéry
2) “Piccole donne” Louisa May Alcott
3) “Per chi suona la campana” Ernest Hemingway
4) “Itaca per sempre” Luigi Malerba
5) “Zia Mame” Patrick Dennis
6) “La mia famiglia e altri animali” Gerald Durrell
7)  “Via col vento” Margaret Mitchell
8) “Gli ingredienti segreti dell’amore” Nicolas Barreau
9) “L’elegenza del riccio” Muriel Barbery
10) “Fiabe italiane” Italo Calvino

Ed ecco l’immagine…disegnata da Stella in persona! Ma che onore!

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La lista del venerdì #11

La lista del venerdì #11

Ed eccoci finalmente anche a questo venerdì: se durante la settimana piove, durante i weekend diluvia e i giorni si ripetono quasi uguali, noiosi e pieni di odori sudati di tram.
Sì, sotto la voce “meteoropatia” dell’enciclopedia medica, c’è la mia foto a muso duro.
A proposito, perché negli anni ’70, tutti hanno comprato la stessa inutile enciclopedia?
Mah.

Bando alle ciance: per fortuna ho un sacco di progetti in cantiere e saltello di felicità e impazienza alla faccia del brutto tempo. In attesa di potervene parlare profusamente (mannaggia, ancora non posso!), passiamo ai link belli e interessanti di questa settimana, vi va?

*25 modi per capire se siete “drogati” di libri. Ce li ho tutti: e non dimentichiamo che ho smesso di fumare e di avere paura di volare, grazie a due libri. Altro che droga. (PS: questo me l’ha segnalato la mia amica Samantha)

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*Libri con annotazioni di scrittori famosi…ma che cattivi!!! (sarei esattamente così)

*“Quando la tecnologia supererà le interazioni umane, il mondo sarà pieno di idioti” aveva detto Einstein. Ecco.

*Un matrimonio che mi ha emozionato. Bruno e Vincent sono i primi due uomini che si sposano in Francia: si amano, cos’altro devono fare?. Ecco l’articolo di Bianca, una mamma che era presente e che si è commossa come me.

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*Foto di animali molto sorpresi. Cari!

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*Lui:

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*E anche lui:

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Et, comme d’habitude…

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