Storicamente, è la prima volta che volo senza terrore. E’ un momento solenne. Ma parliamo di Berlino.
Non ci dilungheremo sul fatto che è una città contraddittoria. E’ una banalità. Sono state scritte pagine e pagine sugli, cito, stridenti contrasti della capitale tedesca e sulle fredde architetture moderne che valorizzano il lato antico della città. Altra scoperta dell’acqua calda è dire che è una città in fermento, che ritrova la propria identità dopo trent’anni di divisione.
Basta. Che noia.
Per me, Berlino è azzurra.
I palazzi lucidi riflettono il cielo (straordinariamente cangiante), l’aria è gelida e si insinua tra il collo e la sciarpa, le persone sorridono e hanno ragione, i locali hanno le luci soffuse e fanno venir voglia di passarci le giornate. E su ogni sedia c’è una bella coperta di lana.
I prati, in questa stagione, sono completamente coperti di foglie secche ed è un peccato non attraversarli correndo. E ridendo.
Alcuni quartieri sono talmente silenziosi che se ci fosse la neve, riusciresti a sentirla cadere.
Ovunque, c’è odore di buono: curry, cannella, cioccolata, odore di metropolitana che in ogni città è diverso.
Poi vai a vedere quello che resta del muro e non trovi le parole perché ti senti parte della storia e ti fa quasi strano appoggiarci la mano, sapendo che appena due decenni prima questa e quella parte erano paesi stranieri.
Berlino è come percorrere un’autostrada di notte, da soli ma con la certezza di trovare a casa qualcuno.
E’ come una passeggiata all’alba, respirando la luce di ghiaccio e passandosi la mano sugli occhi per asciugare la pioggia che si è intrappolata tra le ciglia.
“All — All free men, wherever they may live, are citizens of Berlin.
And, therefore, as a free man, I take pride in the words “Ich bin ein Berliner.”
JFK, 1963