La donzelletta vien… dal mare

Siete stanchi del logorìo della vita moderna e, casualmente, vi trovate a Barcellona in questo periodo?

Svegliatevi prestino, prendete l’autobus (o la métro) diretto al villaggio olimpico. Scendete, dirigetevi verso la spiaggia, togliete le scarpe, arrotolate i pantaloni sui polpacci, svuotate la mente e sedetevi ad ammirare lo spettacolo.

Il sole non ancora alto fa sembrare il mare dorato e proietta delle ombre lunghissime tra le dune di sabbia. La folla non è ancora arrivata, quindi sentirete solo il silenzio, lo sciabordio delle onde, i gabbiani…e il bipbip dei metal detector dei cercatori di monetine.

Proseguite la vostra passeggiata con il vento tra i capelli e i piedi affondati nella sabbia bagnata. Non distraetevi perchè le onde spesso e volentieri arrivano a lambire le chiappe. Giratevi a guardare le vostre impronte che vengono cancellate dal mare e spingetevi fino alla fine del molo, dove l’aria è più impetuosa e l’acqua più profonda.

Resistete (o anche no) alla tentazione di buttare in acqua i pochi pescatori e sedetevi in un punto possibilmente al riparo dalle onde anomale che vi trascinerebbero in mare in pochissimo tempo. Guardate l’orizzonte e rilassatevi. Seguite il flusso della vostra mente, sentitevi dei vecchi lupi di mare naufragati su un’isola deserta, ma toglietevi dalla testa la bottiglia di rhum.

E’ così che partorirete idee del tipo:

1)perchè se zio Paperone è il fratello di Nonna Papera, la chiama nonna? E perchè Paperino e Paperina sono nipoti dello stesso zio pur essendo fidanzati? E Ciccio? Cosa mi rappresenta?

2)quanto brutta è “Il sabato del villaggio” di Leopardi?

3)cosa è passato per la testa degli stilisti di Tezenis quando hanno pensato di proporre pigiami composti da pantaloni lunghi e…reggiseno? Alle correnti d’aria non ci pensano?

Carrer dels Escudellers Blancs

C’è l’ometto del gas, che urla “Butanooooo!!!” e cammina, trascinando il suo carretto pieno di bombole.

C’è un orologio a cucù che canta ogni ora.

C’è un altro ometto, che chiama “Carlos!” dalla strada. Invano. Carlos non risponde mai. E lui continua.

C’è un gatto che miagola scongiurando qualcuno.

C’è l’appartamento di fronte, lussuoso e vuoto, con la sua domestica silenziosa.

C’è un bambino che corre su una motoretta.

C’è il vicino che riempie l’aria con la Callas e Nancy Sinatra.

Ci sono dei signori fermi agli angoli che mormorano qualcosa e poi litigano tra loro, in una lingua sconosciuta.

C’è un barbone, che parla con due voci e non dice cose carine.

C’è il tipo del deli che lavora alla cieca perchè guarda sempre youtube e se la ride.

C’è la menta sul mio balcone che langue.

C’è il nostro amico Jürgen che anima le serate.

C’è la strada che viene lavata e sa di pesce.

Ci sono gli uccellini, che non sono uccellini ma gabbiani.

Ci sono i turisti. Anzi non ci sono perchè per questa via non si avventurano.

Mai paura. Solo un po’ di mal di testa.

Come tutti i giuovini alla moda, anche noi il sabato sera andiamo a bere le birrette nei locali. E ieri il tempio del nostro beveraggio è stato “Nevermind“, un locale dalla dubbia conformità alle norme CE, frequentato da una clientela più che internazionale.

E’ proprio di fronte a casa nostra e il fatto che i prezzi siano decisamente ragionevoli (cosa che potrebbe rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio) ci ha immediatamente conquistato. Per la gioia di Rodrigo, il barman che assomiglia a uno che c’è sempre in biblioteca a SddP.

Ma cominciamo dall’aspetto di “Nevermind”: è buio, il soffitto è quasi interamente ricoperto da scritte di gessetti (spicca “sticazzi”) e le mensole dietro al bancone sono degli skateboard rovesciati, colmi di bottiglie di ogni tipo. Per quanto riguarda il personale, abbiamo avuto la possibilità di cimentarci nei numerosi idiomi di nostra conoscenza, dato che sono tutti di nazionalità diversa. Dalla francese che cerca di essere rozza, ma quando shekera sembra che stia per perdere i sensi (com’è volgare!), allo spagnolo che ripete ossessivamente “Yes man!”, “Sorry man!”, all’italiana che ci pianta un chiodo di venti minuti.

Potrete chiedere la vostra musica preferita (su una selezione che spazia dai Nirvana ai Tool, con molte altre variazioni) e godervi i video proiettati sul muro.

Ok, i dettagli tecnici ve li abbiamo dati. Ora passiamo alle perle della serata.

Attenzione a Jürgen, il buon danese, che vi chiede insistentemente di tradurgli in italiano la parola “antigua”. Attenzione al suo amico inquietante con la maglia di Titti: se incrociate il suo sguardo siete obbligati a brindare con lui in danese (e non è un bello spettacolo). Attenzione di nuovo a Jürgen, perchè quando parla gesticola e vi colpisce con dei pugni volanti. Attenzione alla catalana pazza e ubriaca che vi schiaffa macchina fotografica -e non solo- in mano e posa per un interminabile book.

Cercate di accaparrarvi il maggior numero di ciotole di popcorn, perchè sono buoni e burrosi.

Se siete fortunati come noi, una volta tornati a casa potrete vedere dal terrazzo Jürgen, alone in the dark, che beve acqua e lo dice ai passanti (“Aguaaa, aguaaaa!”).

PS: “Nevermind” entra di diritto nella lista d’oro dei nostri locali feticcio (ovvero quei locali in cui si torna sempre, anche se ce ne sono mille altri da provare), assieme a “La Perle” di Parigi e “Max Fish” di NYC. Lo dice anche Jürgen.

Nevermind

Carrer dels Escudellers Blancs 10

08002 Barcelona